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La via del maestro

Quando il mio Maestro mi disse che per migliorare e comprendere meglio la vita attraverso lo studio delle dinamiche della macchina umana avrei dovuto insegnare ai bambini, ne rimasi colpito. Avevo ormai capito da tempo che per andare avanti nel mio percorso di apprendimento sarei dovuto passare all’insegnamento perché non è possibile ricevere senza dare.
Incomincia così lo studio pedagogico attraverso la Pedagogia per il Terzo Millennio che il suo fondatore Patrizio Paoletti diffonde da oltre vent’anni attraverso conferenze, corsi, seminari e pubblicazioni. Un sistema di idee per l’evoluzione interiore dell’uomo, sintesi organica dell’antico sapere comune alle principali tradizioni filosofiche e religiose e delle più moderne scoperte nell’ambito delle neuroscienze. Un sistema che non utilizza un sapere puramente speculativo, ma un vero e proprio metodo che accompagna l’uomo sulla via del miglioramento di sé. L’uomo può intraprendere in qualsiasi momento e in ogni luogo la Via dell’evoluzione, ma è a partire dai primi anni di vita che è possibile avviare in modo più fecondo questo percorso. Ecco allora che una parte fondamentale di questo sistema è dedicata al processo educativo e prende il nome di Pedagogia per il terzo millennio.
Cosa significa educare? Educare significa evolvere, e l’intera vita va intesa come un processo educativo. Nella Pedagogia per il Terzo Millennio il processo educativo non consiste nella trasmissione di informazioni, né in un modello per la loro organizzazione. Educazione è sviluppare la capacità di posizionarsi continuamente di fronte agli eventi, mutando la rappresentazione di sé in funzione delle situazioni che dobbiamo affrontare, degli individui con cui dobbiamo interagire. L’educatore deve limitarsi quindi a sollecitare il posizionamento e a indicare i dati mantenendoli nella loro dimensione originaria di purezza e di innocenza, senza rinchiuderli nelle cornici delle interpretazioni. L’educatore introduce nella dimensione meccanica “sollecitazione-risposta”, lo spazio della distanza, cioè la comprensione, che coinvolge in modo sempre nuovo e globale il nostro essere. Così partendo da questo sistema di idee che ho studiato e sperimentato direttamente sulla mia persona, perché solo attraverso l’esperienza diretta l’uomo può passare dal capire razionalmente le cose al comprenderle per poi applicarle, ho iniziato a traslarle all’interno della disciplina stessa dell’Aikido, in particolar modo nell’insegnare ai bambini assumendo così oltre al ruolo di M° di Aikido, quello di educatore.
Ma qual è dunque il compito di qualsiasi educatore? Rendere sensibile colui che educa al suo centro di forza interiore, stimolandolo costantemente affinché questo centro di forza interiore cresca e si manifesti. Questo è ciò che deve fare un buon M° di Aikido, ed anche un buon genitore. Fornire a colui che educhiamo un territorio neutro nel quale possa esprimere liberamente se stesso. Creare poi, in questo territorio neutro; degli ostacoli volontari, non accidentali, affinché questi formino la volontà dell’individuo. La libertà e la volontà faranno l’uomo. Ogni volta che proponiamo soluzioni, le nostre, noi non stiamo facendo il bene dell’altro, ma stiamo riducendo l’altro ad una dimensione automatica. Liberare territori, o dare territori neutri potrebbe tradursi in creare nuove connessioni cerebrali, aumentare il sincronismo tra gli emisferi e attivare quelle aree del cervello che raramente frequentiamo.

Qui viene in nostro soccorso la scienza che facendo vacillare l’intero sistema di trasmissione dell’informazione, ci suggerisce che il vero modo per imparare è divertendosi. La didattica corrente molto spesso diventa una trasmissione sterile perché annoia, abbassando così la soglia dell’ attenzione e riducendo il livello di sincronismo cerebrale. Con questo nuovo sistema pedagogico ciò che ci si propone di fare è invece, imparare divertendosi innalzando così la soglia dell’attenzione. Le persone diventano più intelligenti, più sincroniche. L’idea è di richiamare a livello fisico ed emozionale i più interessanti ed entusiasmanti momenti della vita, creare un aggancio con quelle memorie che hanno il potere di potenziare e rendere più efficace l’apprendimento. In minor tempo i bambini riescono ad imparare una quantità maggiore di informazioni e soprattutto, questo è il dato più significativo, la quantità di informazioni apprese ed immediatamente sperimentate non vengono più dimenticate, ma rimangono vive e utilizza bili, istante dopo istante. li fulcro di tutto ciò è l’emozione. Rimanere collegati alle emozioni positive ci permette non ‘solo di fissare profondamente le indicazioni che riceviamo, ma di produrre genialità. Jan Amos Comenius, uno dei fondatori della didattica già nel settecento metteva in risalto l’importanza del divertimento, dell’ imparare con diletto “”tutto ciò che nello studio fa piacere, aiuta la memoria”, non c’è apprendimento, infatti, se non c’è divertimento. Altro principio essenziale al quale attenersi nel presentare uno stimolo al bambino. Inoltre oggi è dimostrato che le emozioni hanno un ruolo decisivo nella formazione della memoria, (competenza del sistema libico ). Nel complesso le emozioni possono favorire l’apprendimento, intensificando l’attività delle reti neuronali e rafforzando così le loro connessioni sinaptiche.
Le informazioni sulle quali il sistema libico ha impresso il proprio marchio emozionale si incidono in profondità nella memoria e in maniera particolarmente duratura. Mentre le semplici conoscenze si dileguano spesso rapidamente, le emozioni si conservano per molto tempo il cervello ne approfitta, collegando contenuti di memoria diversi con la stessa “colorazione di sentimento” Quest’ultima si riattiva in seguito durante lo studio e lo alleggerisce nel processo d’inserimento degli elementi di una nuova situazione nella rete preesistente. Molto importante in questo processo il fattore tempo, occorre, infatti, un tempo perché le connessioni tra le cellule nervose effettivamente si stabiliscano, inoltre è inutile presentare al bambino nuovi dati quando sta lavorando sul consolidamento di quelli prima appresi è dunque molto più sensato studiare a intervalli di tempo prevedendo delle pause che hanno la grande capacità di consolidare ciò che si è imparato.
Questo determina la linea di lavoro che applico durante le lezioni di Aikido nel corso dell’anno con i bambini e anche con gli adulti, perché, l’apprendimento avviene in un tempo, il tempo che si decide di dedicare a quella data tecnica; con un ritmo che stabilisce quante volte stimolerò il bambino a lavorare su quella tecnica, che ha una determinata cadenza, cioè le cose che
sottolineerò per lui mentre facciamo questa attività e il tutto necessità di una certa intensità, che prevede un buon rapporto affettivo tra colui che educa e colui che viene educato, nel Dojo, tra il Maestro e l’allievo.