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Aikido

La prima volta che mi interessai veramente al Giappone, ai suoi usi e costumi, sia antichi che moderni, fu circa 5 anni fa quando mio padre acquistò un cd di Ryuichi Sakamoto un cantante nipponico (che cantava in inglese).
Inizialmente dissi fra me e me: – Ma sto qua da dove è saltato fuori??-, ma ben presto la mia esitazione si tramutò in curiosità e così, tutte le sere dopo aver terminato i compiti filavo in camera mia ad informarmi su questa cultura che mi sembrava lontana e bizzarra, sui kimono finemente decorati in seta, sulle pettinature delle donne quasi impossibili da realizzare, sulla marzialità e l’onestà con la quale gli uomini si impegnavano in tutto quello che facevano. Tutti i giorni c’era qualcosa di nuovo da imparare: la grande metropoli Tokyo e i piccoli templi nei dintorni di Kyoto, le importanti ricerche scientifiche nelle quali il Giappone è ai primi posti e la vita semplice dei contadini di campagna che vivevano tranquilli lontani dal caos delle grandi città. Un giorno lessi un articolo sulle arti marziali giapponesi e fu così che per la prima volta la parola Aikido prese posto nella mia mente piena di pokèmon, di compiti e di verifiche.
I miei genitori consapevoli, ormai della mia grande passione per il Giappone mi regalarono per il il mio decimo compleanno un corso di aikido alla palestra Ronin di Correggio e io fremente dalla gioia non vedevo già l’ora di indossare la cintura nera.
Quando vidi dal vetro quelle tecniche particolari e quelle evoluzioni in aria non vedevo l’ora di cominciare ma devo ammettere, che avevo anche molta paura di risultare goffo e inadatto.
Col passare del tempo capii che nell’aikido non contava l’aspetto esteriore e che ci si poteva esprimere liberamente, ovviamente quando il maestro lo richiedeva e senza intervenire a sproposito con sciocche battute. Ce la potevo fare… e solo poco tempo fa ho capito cosa intendesse il maestro con: – Ragazzi, vedrete che l’aikido vi migliorerà anche nella vita di tutti i giorni rendendovi più precisi e consapevoli nei vostri movimenti!-. Cominciavo, infatti a capire, guardando il movimento delle anche dei miei compagni cintura nera e del maestro come le altre persone fossero rigide, caratteristica tipica dei morti, cosa che mi ha fatto riflettere molto sul come muovere il corpo in modo sciolto ma tonico, senza essere rigidi.
L’aikido mi ha aiutato anche nello studio: prima, anche senza rendermene conto restavo “gobbo” sui libri anche per ore e mi accorgevo solo dopo aver terminato, del dolore che provavo raddrizzando la schiena, il che certo non giovava alla mia scogliosi; ora invece cerco di stare dritto con la schiena, sia mentre eseguo le tecniche di aikido sia nella vita di tutti i giorni, ad esempio quando sono al computer o studio. Non solo ho notato una diminuzione dei dolori ma anche una certa fierezza nel portamento.
Un altro aspetto molto importante che sto capendo negli ultimi tempi sono la coesione e l’unione del nostro gruppo che è andata via via aumentando nel corso del tempo: all’inizio, molto imbarazzato non parlavo quasi con nessuno, mentre ora mi sento amato, apprezzato, coinvolto dai miei compagni e osservando il loro comportamento capisco che il loro altruismo verso di me, mi aiuta, non a restare chiuso e schivo, bensì ad essere altruista a mia volta e ad aiutare le altre cinture colorate, nel limite delle mie possibilità, ovviamente.
Quello che posso dire fino ad adesso, per una considerazione finale è che mi sono sempre trovato molto bene con il mio maestro e i miei amici e spero che questa situazione di armonia duri per tutta la mia permanenza al dojo. Io sono molto contento e un consiglio che mi sento di dare a tutti quelli che vogliono avvicinarsi all’aikido è: PROVATECI!!!! Non vi costa niente! Un nuovo compagno è, innanzitutto un’amico ma anche una nuova possibilità di imparare.

Enrico Garuti